Come iniziare una carriera da cantante da zero

Come iniziare una carriera da cantante da zero

“Come iniziare una carriera da cantante da zero”

Come iniziare una carriera da cantante da zero

 
 
00:00 /
 
1X
 

Ciao, siamo Daniele Iudicone e Lorenzo Sebastiani, benvenuto a questo nuovo articolo di Music Caffeina!

Oggi vogliamo parlare di un punto fondamentale: da dove bisogna partire per iniziare la carriera da cantante?

Risponderemo quindi ad alcuni quesiti che possono interessarti.

Sicuramente ti sarai già domandato da dove devi partire per iniziare la tua carriera.

Abbiamo iniziato a ragionare sui vari ingredienti necessari al successo del cantante – dove per cantante intendiamo, come sempre, una persona che possiede dei brani inediti.

Quindi nella fattispecie:

  • La figura del cantautore;
  • Chi ha una propria attività musicale, e perciò ha già iniziato la sua attività suonando in giro e sta incontrando una serie di difficoltà.

Negli articoli precedenti abbiamo definito diverse considerazioni. Ad esempio, abbiamo visto come considerarlo un lavoro, cambiando quindi la mentalità.

Non devi pensare più di essere un artista degli anni Settanta, Ottanta, aspettandoti la casa discografica sotto casa con la limousine, pronta per portarti con la tua pelliccia a creare uno stuolo di donne ai tuoi piedi.

E ne abbiamo viste, noi, di situazioni simili! (Magari non così tante pellicce, però…)

Per partire, abbiamo quindi bisogno del prodotto: dovrai ragionare sulla tua musica pensando a ciò che vuoi produrre.

È un vero e proprio mestiere: ti devi approcciare ad esso come a una qualsiasi altra professione.

Se vuoi fare l’avvocato, vai all’università, studi cinque anni, diventi bravo e poi inizi a fare degli stage. È un percorso che ha un costo e che necessita della mentalità di imparare, perché a 15 o a 18 anni non sei il più bravo del mondo. C’è un processo che deve essere seguito.

Pensaci: qual è lo scopo di un avvocato? Vendere la propria consulenza legale.

Qual è invece lo scopo di un musicista che ha un progetto inedito? Farsi conoscere.

Ma deve vendere un album, un disco?

No, non deve vendere un album perché non c’è più la necessità di una discografia che c’era una volta.

Se vuoi sapere da dove arriva l’introito dell’artista, piccolo o grande che sia, la risposta è: i live.

Potremmo dirti che ci sono introiti dal digitale, da Spotify o YouTube, ma diremmo delle stupidaggini, perché si tratta davvero di poca roba.

Quanto è importante Spotify per la tua carriera?

Si è parlato spesso di Spotify negli articoli scorsi e ti chiederai se è una piattaforma importante da cui partire e che senso ha oggi.

Devi sapere che Spotify è fondamentale. Al momento in Italia un po’ meno, forse, ma neanche troppo: ti basti pensare a fenomeni come Sfera Ebbasta che sono nati proprio lì.

Moltissimi artisti dell’indie sono partiti da lì.

Oggi Spotify è quindi diventato un indicatore di successo. Tanti iniziano lì la propria attività, postando i loro brani, usufruendo anche dei nuovi stratagemmi che la piattaforma mette a disposizione, ad esempio caricando il brano in anteprima per essere inseriti nelle playlist.

Se non sai come funziona Spotify, devi sapere che questo è nato come player, ma è diventato fondamentalmente un media.

Di conseguenza, ha anche le sue preferenze di stile. Non ti basterà ora andare a caricare le tue creazioni: non tutti hanno le stesse capacità e possibilità nella piattaforma.

Spotify sceglie quelli che secondo lui possono essere i brani o i generi che in qualche modo potrebbero risultare più interessanti per gli abbonati che usufruiscono del suo servizio.

Possiamo dire che attraverso Spotify puoi fare ascoltare la tua musica per poi monetizzare con le persone che verranno ad ascoltarti dal vivo durante i live.

Lorenzo monetizza anche tramite Spotify, diciamo, ma parliamo di cifre attorno ai 0,004 centesimi di euro! Un milione di streams porta a quattro o cinque mila euro.

E se pensi che sia poco, conta che YouTube paga ancora di meno. Poi parleremo meglio di ciò in un altro articolo.

Ci sono comunque altri player oltre a Spotify. Ad esempio, Tidal dà molto di più: si parla di 12.000 € circa per ogni milione di streams fatto, Apple Music dà attorno ai 7/8.000 € per ogni milione di streams fatto.

Spotify è quello che paga un po’ meno, però sappi che dipende anche da Stato a Stato, dalla durata dello stream – deve infatti avere una durata minima – ma sono cose che andremo a vedere poi punto per punto per quanto riguarda i player.

 

Ma quindi per farti conoscere che cosa devi fare?

Devi comprare servizi che aumentano la tua visibilità, su social come Instagram o Facebook?

Secondo noi no.

Con Humana Band l’esperienza di Daniele è stata un po’ traumatica da questo punto di vista.

Certo, era anche il periodo delle prime agenzie, circa otto anni fa, e non si capiva bene.

Ora le cose sono un po’ cambiate, sono un po’ più strutturate. Ma fondamentalmente suggeriamo di non farsi illusioni su questioni come ad esempio il numero dei like o dei fan.

Ci sono aziende che vendono online con pochissimo seguito e, allo stesso tempo, pagine con 40/50.000 fan che però hanno post con tre, quattro like, privi di interazione.

Devi stare attento a questa cosa.

Avere i like fa gola, fa figo. È una vanity metric, uno dei cosiddetti “indici di vanità”: quella roba non monetizza nulla, ma alimenta il proprio ego.

Però ormai lo sappiamo che è un parametro fake.

Non ci serve, perché non ci dà un indice preciso di dove siamo.

È come se andassi in macchina e il cruscotto segnasse 300 km/h quando in realtà non riesci a superare gli 80. Non ti serve a molto!

Oggi fa un po’ ridere vedere profili con 20/30.000 likes e poi vedere che nessuno conosce la canzone di punta dell’artista, che al massimo raggiunge poi solo 50 streams su Spotify.

Non ha davvero senso.

Devi quindi evitare di focalizzarti su quel numero, o meglio: devi utilizzarlo bene. Ci sono, infatti, anche altri metodi.

Ad esempio, su Instagram molti utilizzano sistemi automatizzati di follow e unfollow.

Te lo spieghiamo brevemente, nel caso tu non sia un addetto ai lavori: esistono aziende che vendono questo tipo di servizi ad abbonamento dove tu prima inizi a seguire i follower di un determinato artista che potrebbero essere anche tuoi fan e far parte del tuo target (siano quelli di Vasco Rossi, Jovanotti o Cremonini).

Quindi, tramite queste aziende, dopo il follow, passati cinque giorni, ci sarà un automatico unfollow.

È un po’ una gara, e può farti ridere il pensarci. Però può avere un’utilità nel momento in cui lo unisci ad un’informazione.

Ad esempio, a queste nuove persone che seguirai, potresti mandare un messaggio con scritto: “Ho fatto questa canzone, ti può piacere?”.

Certo, rischierai di fare spam e di essere visto come un soggetto di Serie B. Se non addirittura uno stalker!

Personalmente, non è una cosa che consiglieremmo molto di fare.

Noi ti suggeriamo un’opera più sul campo: partire con un po’ più di umiltà.

Forse è meglio che tu inizi a partire dall’identificazione del tuo progetto artistico, e solo successivamente dedicarti ai social.

Il prodotto di genere

Tempo fa ne parlavamo: Spotify crea meglio l’idea del genere.

Infatti, quando crei un prodotto a livello imprenditoriale, la prima regola che devi tenere a mente è che non devi generare un prodotto che sia per tutti.

Devi avere la tua nicchia, ben precisa, e puntare sul tuo target.

Se tu fai indie e vuoi parlare a un target ben preciso, puoi generare una musica per quei ragazzi che ascoltano indie.

Spotify, in tal senso, ragiona a catalogo.

Da una parte aiuta, dall’altra meno: ad esempio, per andare in certe playlist devi essere simile musicalmente agli artisti del tuo genere musicale. Allo stesso tempo, però, se sei un clone di Calcutta non arriverai ad alcun risultato, perché c’è già lui.

Il problema con Spotify è proprio questo: da una parte devi avere dei lati di familiarità musicale – può essere il tipo di arrangiamento, di argomento, etc. – ma non puoi essere il clone di nessun artista.

Devi tirare fuori ciò che sei, perché andrai in una playlist, magari avrai anche tanti streaming, ma il problema è che nessuno poi si ricorderà di te.

Non crei affetto con chi ti ascolta.

Ma la radio, invece?

Abbiamo parlato di Spotify, di YouTube… ma non abbiamo parlato di radio.

Che senso ha oggi?

Ci sarà un motivo, se non ne abbiamo parlato…

La radio, per questo tipo di target, nonostante sia venduta da molte agenzie come il trampolino di lancio perfetto, non funziona.

Probabilmente ti sarai trovato anche tu nella situazione in cui hai voluto portare un tuo pezzo alla radio, solo che non è stato esattamente come ti saresti aspettato: hai pagato dei soldi ma magari eri totalmente privo di strategia.

Ti hanno detto: “Guarda, ti chiedo 3.000 € per spedire il tuo brano in radio” e…

Se vuoi farti conoscere avrai sempre bisogno di una strategia ben precisa, ma sappi già che non andrai in radio.

Radio Deejay non prenderà mai un brano di uno sconosciuto. E questo vale per tutte le radio network che ti possono venire in mente in questo momento.

Forse, se sei fortunato, riuscirai a essere trasmesso in un programma radio locale, di quelli poco conosciuti, secondari. E questo ti serve e non ti serve, ha senso solo fino a un certo punto: che senso ha andare su una radio che ha tre ascoltatori?

Riflettici: perché vuoi andare in radio? Perché per te, che stai iniziando, non hai pubblicato niente, non hai ancora il tuo disco, è così importante andare in radio?

Questo nessuno te lo verrà a dire.

Ti diranno: “Dammi il tuo album, partiamo con la radioperché li paghi.

E sborserai tanti soldi per un servizio che ti porterà una manciata di fan.

Ne riparleremo, ovviamente, ma sappi già sin da ora che andare in radio ha senso se lo fai all’interno di una strategia ben precisa.

È fondamentale che tu capisca che esiste un ordine da seguire: non puoi andare in radio con il tuo singolo, perché quel tuo singolo rimarrà poi lì, al 99,99% dei casi.

Il tuo ascolto sarà limitato al livello di ascoltatori della radio.

Inoltre, il problema grosso è che le radio conoscono le agenzie di promozione, e sanno che quel brano lì arriva da quel promoter che prende un po’ tutti. Dunque, sanno che non c’è un filtro a monte.

Perché, infatti, prendono artisti della Universal o della Sony? Perché sanno che per entrare lì devi essere veramente bravo, e sudare sette camicie.

Dall’altra parte invece c’è una persona che prende dei soldi per spammarti in radio, tanto che mettono proprio una croce su certi promoter radiofonici: sanno che non filtrano, che prendono qualsiasi cosa.

Stai quindi sempre attento a dove vai: qualcuno ti potrà chiedere 3/4.000 € e butterai solo dei soldi, dando per scontato che davvero ti trasmetteranno.

E noi, be’, non lo daremmo così per scontato. A meno che per “portare in radio” non significhi “mandare una mail”.

Il discorso dei promoter, ora, non deve farti venire molta voglia. Non deve essere così importante per te l’idea di portare il tuo brand in radio.

Deve essere fondamentale, piuttosto, avere una scala di cose da fare, ciò che si definisce una strategia.

Per oggi finiamo qui: siamo entrati densamente nel vivo del discorso, e non vediamo l’ora di proseguire il nostro percorso, parlandoti nel prossimo articolo della figura del cantante come imprenditore.

Al prossimo articolo!